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Può esistere una storia dell'arte nell'Italia del Seicento senza Caravaggio? Tanto più in un arco cronologico (1610-1640) così legato all'eco delle sue recenti esperienze? Questa mostra vuole provare a dimostrarlo. Tra mille iniziative editoriali ed espositive, non ci si è mai interrogati a fondo sul reale raggio di penetrazione del linguaggio del genio lombardo nell'Europa del suo tempo. Nell'Italia degli inizi del XVII secolo, la cultura caravaggesca si afferma in tutti quei luoghi dove il maestro ha soggiornato, licenziando opere pubbliche significative e vivendo tra artisti e committenti con la sua prepotente personalità. Roma, Napoli e l'Italia meridionale rimangono stregate dagli esiti del pittore e la storia dell'arte davvero cambia al momento del suo passaggio, una vera e propria onda travolgente. Ma questo non avviene in altri importanti centri della penisola dove pure si continua a dipingere, e anche molto bene: non succede, a titolo d'esempio, se non incidentalmente, a Firenze, a Bologna, a Venezia, a Genova, a Torino e persino a Milano, dove Caravaggio è nato e si è formato ma da cui si allontana precocemente senza più lasciare tracce di sé. In questi centri, altre tradizioni incalzano, altre intelligenze agiscono, in piena autonomia, anche quando si è costretti a fare i conti con le opere di Caravaggio messe davanti ai propri occhi, magari solo attraverso una copia ritenuta un originale. Presentazione di Giovanni Bazoli.